Architettura

La mia tesi di laurea

L’architettura di Perano

Perano in Val di Sangro

 

L’opera “Perano in Val di Sangro – Toponomastica e note storiche di R. Pellicciotta, ritenuta di interesse regionale per i contenuti preziosi trattati dall’autore, non limita l’attenzione geo-culturale solo sulla città di Perano, che incombe sulla vallata del Sangro più di ogni altro paese, ma tratta anche tutti gli altri paesi che si affacciano sulla stessa vallata e che nel corso dei secoli hanno delineato la storia d’Abruzzo.
L’Autore, attraverso l’indagine etimologica passa in rassegna i vari nomi investigando nell’indoeuropeo, nell’osco, nel sannitico, nel greco, nel latino e nel longobardo, precisando i rapporti che le genti frentane hanno avuto con quelle civiltà e porta a conoscenza del lettore gli avvenimenti sociali, politici e storici dei Frentani.
Il libro è stato arricchito dalle immagini del pittore Luigi Baldacci che ha dipinto su venti tele di cm 50X70 ogni paese descritto nel libro. Queste tele sono state acquisite dal Comune di Ateleta ed inserite nel Museo Civico.
Il quadro “I Frentani in Val di Sangro” di cm 200X120, riprodotto sul frontespizio dell’opera letteraria scritta da R. Pellicciotta e riportata sulla copertina di questo book, racchiude tremila anni di storia dei Frentani nella Val di Sangro.
Partendo da sinistra, si identifica chiaramente la figura di un guerriero frentano (periodo precristiano), al centro, sullo sfondo della Maiella, del fiume Sangro e dell’Adriatico, si staglia la figura di un pastore della transumanza e subito a destra sono raffigurate una donna operaia e la ciminiera di un’industria simbolo dell’età moderna. Sul bordo in basso, tra i vari simboli, Perano in Val di Sangro si evidenzia con la riproduzione della facciata del Municipio.
Questo quadro è stato acquisito dal Comune di Perano e nell’ambito delle manifestazioni culturali, il Sindaco, Avv. Gianni Bellisario, ha riservato una serata particolare alla presentazione di questa opera e dell’intera collezione dei venti paesi gentilmente concessi, per la mostra, dal Sindaco di Ateleta.
Un giovane studioso, Yuri Moretti, ha curato l’aspetto critico della manifestazione.

PERANO

Tratto dalla tesi di laurea in restauro architettonico presso l’Università G. D’Annunzio di Chieti – Facoltà di Architettura – Pescara dell’Architetto Maria Gemma Pellicciotta. Relatore Professore Architetto Mauro Civita

Inquadramento geologico

Il territorio comunale di Perano è topograficamente inserito nella cosiddetta “FASCIAPEDOMONTANA” della Regione Abruzzo, fascia che si estende tra la dorsale appenninica e la linea di costa per una larghezza di circa30 Km.

Più precisamente esso è compreso nel secondo settore, localizzato nella parte più a SE del territorio regionale tra le pendici sud orientali della Maiella e l’allineamento Guardiagrele – Atessa – Fresagrandinara fino alla valle del fiume Trigno.

In questo settore affiorano diffusamente terreni a prevalente costituzione argillosa (“argille vari colori”) e formazioni fliscioidi pelitico-arenarei a sottili laminazioni, di età miocenica e sedimenti a varie litologie, argille, sabbie, intercalazioni arenarie del pliocene medio-superiore.

 

La storia del paese

 Il Comune di Perano si adagia sulla dorsale di uno sperone collinare di forma semicircolare, con direzione nord-sud, di cui l’estremità’ sud si incunea nel complesso montagnoso di Pallano e l’altra nord si apre sulla vasta pianura del Sangro, dalla Maiella al mare, dalla confluenza dell’Aventino col Sangro ai piedi di Casoli e Altino, all’Adriatico.

Sulle colline a sinistra del Sangro si snodano Guardiagrele, Castelfrentano, Mozzagrogna, Fossacesia; sulle ondulazioni collinari a destra del fiume si susseguono Atessa, Paglieta, Torino di Sangro.

Perano e’ di origine frentana. Sembra che una strada pre­romana passasse nelle sue prossimità e che di fronte al paese esistesse il guado del fiume, attestato oggi con la sopravvivenza del nome che contraddistingue tutto un tratto della zona: Guaranne = Guadus amnium.

Dalla tradizione si apprende dell’esistenza nella zona della “Guarenna” di un centro abitato chiamato “Annum”, ma non si sa nulla ne’ della sua ubicazione ne’ delle sue caratteristiche costruttive. Di esse si parla solo nella tradizione orale e sulla Carta Peutingeriana (Miller – Die Peutingersche Tafel – Segmentum VI) .

Poiche’ conosciamo la “guaranne” sulla riva sinistra del Sangro, pare giustificata l’ipotesi di chi ritiene che “Annum” (abbreviazione di “guadus amnium”) fosse il luogo del guado, certamente un centro abitato, dove le colonne migratorie si apprestavano a guadare quell’unico ostacolo che si frapponeva alla loro marcia verso il sud. Tanto più che nelle adiacenze c’è una località che ancora oggi si chiama la “òje” = corruzione dell’osco umbro “vòje”= la via, via per antonomasia, perché era l’unica via per la quale si doveva passare, andando dall’Italia settentrionale a quella meridionale, e viceversa.

Passato il fiume, per proseguire verso il sud seguendo la strada più breve e più agevole, bisognava salire sulla collina di Perano, dopo aver attraversato qualche centinaio di metri di acquitrini, zona inevitabile che si chiama ancora oggi “Pantani” e “Laguni” (=Lagoni), passando per le “Scosse” (dal latino “excudo” = venir fuori), tratto di terra tra il fiume e Perano più alto delle zone circostanti (Pantani, Cupa, Lagune).

Superati i “Pantani” ei “Lagune”, si poteva affrontare agevolmente la dolce collina di Perano, riposarsi, riorganizzarsi e riprendere la marcia verso il sud: come un esercito che si sposta, con i Frentani in ruolo di ala sinistra, mentre altri popoli (Marsi e Sanniti) avanzavano lungo la dorsale appenninica.

Nel tempo passato si sono verificati dei cedimenti del terreno verso il lato che guarda il fiume, creando un avvallamento (Fosso dell’Abate) in cui scorre un ruscelletto che porta acqua solo nella stagione invernale. Nelle pareti di questa valletta e’ stata trovata da una parte acqua salmastra, ad una trentina di metri di profondità e, da un’altra parte, petrolio. In questa zona, all’inizio del secolo, esistevano anche diversi pozzi di acqua potabile e lo testimoniano i più anziani del paese. Sul lato orientale, i movimenti del terreno sono più lievi, forse dovuti all’erosione provocata dalle acque del Pianello che scorre lungo i piedi della collina un centinaio di metri più in basso.

Perano ha dato il nome a tutta la zona circostante che fu assegnata in feudo al Monastero di S. Giovanni in Venere dall’Imperatore Enrico VI (1165 – 1197), dopo la sua ascesa al trono nel 1190. La concessione avvenne con diploma del 10 maggio 1195 (Manoscritto B. Pugliese – La Chiesa di S. Tommaso Apostolo –  biblioteca privata Pellicciotta).

Non pare che il feudo fosse istituito nel momento dell’investitura del 1195, perché esiste una menzione – de rivus in theatino territorio – già nel 1015 (Alessio G.)

Il nome di Perano è stato più volte alterato in alcuni atti ufficiali e vertenze giudiziarie: nel 1562 si trova scritto “lo feudo de Perenna seu de piano”; nel 1593 “lo feudo de Perenda seu del Piano d’Archi”; nel 1620 “Perano alias Archi seu Piano d’Archi, perché è posto nei confini del castello d’Archi; nel 1707 “feudo di Perano” seu Piano d’archi; nel 1732 “Casone” e nel 1748 “Feodi Perani” e “Casale di Perano”.

Il feudo di Perano, stando ai documenti tuttora reperibili, era un feudo rustico, un feudo cioè senza dimora stabile del feudatario civile, di cui era baronessa la Congregazione dei PP. Filippini dell’Oratorio di Roma.

Pare però che anteriormente fosse un feudo nobile, perché nel 1562 si trova scritto in uno istrumento “…quendam castrum dirutum seu feudum nominatum lo feudo de Perenna seu de Piano situm et positum in pertinentiis terrae Archarum”.

Nel 1593 il feudo aveva un’estensione di 1783 tomoli e 1/3 il perimetro di 5820 canne (poco più di 14 Km), una popolazione di 1114 anime.

Era diviso in tre parti: (Sentenza del 25- 4 -1929 della Corte d’Appello dell’Aquila. Registrazione 8 – 6 – 1929VII n.1343 – vol. 132. Atti giudiziari):

—feudo delle Scoste o Scoste seu Piano d’Archi o Piano o Perano, corrispondente a tutta la collina su cui sorge il paese.

—feudo del Pantano, comprendente l’attuale contrada Sciorilli, Tramozzini  (sino alla contrada Impicciaturo) e l’ex proprieta’ Pugliese;

—feudo della Cupa, comprendente tutta la zona tra Impicciaturo, zona della collina degli Zingari, fosso di confine col territorio di Archi, fiume Sangro.

Vi erano dentro il feudo “l’infrascritti benefitii. Videlicet: Sancta Maria, San Pastore, San Tomaso”.

Nel 1562 si trovano indicati i seguenti confini:

“Lo feudo di Perenne seu de Piano situm et postum in pertinentiis terrae Archarum cum terris cultis, arboratum arboribus quercum et aliarum arborum” aveva i seguenti confini, a cominciare dal luogo dove confluivano i beni di Atessa, Archi e Perano: “lo fico della foresta, le vicende della Corte, vallone Pianello, fiume Sangro, le prete o pagliaro di Rossetti, lama del Piano (colle degli Zingari), fonte Sabatino, tugurio di Jacopo di Pauluccio, vallone del Pianello, fico della foresta. Probabilmente sono di quest’epoca le piantine del feudo.

                                                    

 I confini   sono descritti molto dettagliatamente nel 1592 -1593, nel1707 inseguito ad un processo intentato dai PP. Filippini contro il barone d’Archi che aveva rimosso a suo favore alcuni confini, e nel 1748.

All’epoca il feudo non era ricco. Nel 1620 produceva ghiande, grano, olive, orzo, lino ed altri frutti ed aveva pascoli e terraggi di grano e granoturco.

Quando Giuseppe Napoleone occupò il Regno di Napoli nel 1806, uno dei suoi primi atti fu quello di dettare un nuovo assetto amministrativo. Con la Legge del 19 gennaio 1807 n. 14, Perano viene compresa nella provincia di Abruzzo Citeriore con la denominazione di “Villa Perano” (Bullettino delle Leggi n. 2).

Nel 1808 risulta unito al comune di Archi, pur conservando ognuno il proprio decurionato.

Il connubio non fu felice, perché sorsero dissapori e incompatibilità. Nel 1817, per effetto della legge 1 maggio 1916, Perano si dissociò dal comune di Archi con effetto 1 gennaio 1917 e riassunse la sua autonomia amministrativa.

 

La vita cosidetta politico – amministrativa di Perano, nei primi anni, fu dominata da beghe personali; ma a poco a poco, il comune si costruì la sua chiesa parrocchiale, si fece le strade, lotto’ per l’acqua potabile e nella prima metà del 1900 riusci’ a realizzare una condotta, ad avere la luce elettrica, a pavimentare le strade e costruirne di interpoderali, ad elevare un monumento, non importa se modesto, ai suoi caduti in guerra, ad allargare il cimitero, a costruire una sede per il Municipio.

 

  LA CHIESA PARROCCHIALE

Il primo lavoro eseguito dal nuovo comune, dopo la restaurazione borbonica del 1915, fu la chiesa parrocchiale. In realta’ i PP. Filippini avevano costruito a Perano, nel 1730, una chiesetta dedicata a San Tommaso e a San Filippo, apponendo sulla facciata una lapide con la dedica ai due Santi, l’anno di costruzione e chi l’aveva costruita.

 

Aveva una superficie di due canne e mezzo per otto (mt. 3×10,30), e don Pietro Mascio fu il primo parroco. (Bolla episcopale del 5 – 7 – 1740)Ma col passare degli anni e col crescere della popolazione la chiesetta si rese insufficiente e al principio dell’800 si cominciò a parlare di ampliamento. Nel 1816 il Decurionato chiese al re Ferdinando IV (1751-1825), il permesso di elevare a 600 ducati la cassa comune di Archi e Perano, riuniti in unico comune, per spese e bisogni di Perano (ingrandimento della chiesa insufficiente a contenere i fedeli durante le funzioni religiose, strade, ecc…) e nello stesso tempo si chiesero delle oblazioni al popolo. Andò bene, perché si cominciarono i lavori, anche se poi si dovette protestare ufficialmente contro alcuni cittadini dal “cervello torbido e nemici del culto” che non solo si rifiutavano di prestare il loro lavoro a “fuoco”, ma ne distoglievano anche gli altri.

 

Perano 2 e 29 agosto 1810 – Rifiuto mano d’opera “a fuoco” per ampliamento della Chiesa

Nel 1851 si chiese una sovvenzione al Regio Tesoro per la rifinitura interna e nel 1858 furono acquistati gli arredi sacri.

Non si sa quando avvenne la consacrazione.

La chiesa parrocchiale di Perano è orientata secondo l’asse nord-sud. Più volte restaurata nel tempo secondo il gusto del tempo, oggi si sviluppa su due ordini, raccordati da volute, probabilmente costruiti in momenti diversi.

Gli elementi che caratterizzano la facciata la accomunano a stili diversi quali il barocco ed il neoclassico.

Nell’ordine inferiore, una scalinata conduce al sagrato su cui affaccia un portale in legno (plausibilmente opera del mastro artigiano E. Pellicciotta) rifinito da una cornice di mattoni inquadrato da due lesene laterali. Il portale è sormontato da una nicchia su cui è alloggiata la statua dell’Immacolata Concezione.

Le paraste che definiscono lateralmente la parte inferiore della chiesa (così come le lesene che affiancano il portone principale), mancano dei capitelli e della trabeazione che probabilmente avrebbe dovuto sopportare un frontone: elementi tipici dell’architettura greca.

Nell’ordine superiore emerge una bifora, insolita per l’epoca (fine ottocento), che illumina la navata interna e corrisponde al soppalco dove è installato l’organo.

I materiali impiegati all’esterno sono la pietra ed il mattone oggi ricoperti dall’intonaco colorato, il mattone a faccia vista che tuttora è visibile nelle lesene, nelle paraste e nelle rifiniture del portale e della bifora, mentre all’interno spicca il marmo.

Oltre all’ingresso principale che dà sulla piazza vi è una porticina sul lato est che si affaccia su una piazzetta da cui origina Via Duca degli Abruzzi.

Sul lato destro della chiesa e ad essa congiunta, si eleva il campanile che la sovrasta. Il campanile si sviluppa su quattro piani, alla base c’è un camminamento che oggi conduce alla casa del parroco. Precedentemente, forse, era una strada aperta. Le uniche note decorative sono date dalle fasce marcapiano e dal coronamento cuspidato in ferro battuto; e, sempre sul lato destro sono costruite una cappella, che probabilmente è la vecchia chiesetta dei PP. Filippini e la sagrestia.

 

La Chiesa Parrocchiale

 

La parte interna della chiesa è costituita da un’unica navata (molto rimaneggiata dai restauri)con l’abside non denunciato all’esterno. Il presbiterio è rialzato mediante alcuni gradini ed è privo di balaustra. Sul lato opposto all’altare è situatol’organo su una balconata sostenuta da due colonne di stile dorico. Le pareti interne della chiesa sono coperte a stucco e le colonne che sostengono la cupola presentano capitelli barocchi a volute ioniche e corinzie, i cui centri sono collegati da serti floreali.

La volta della navata e’ a botte, e, a circa 2/3 della sua lunghezza, verso l’altare, si eleva la cupola la quale ha la forma di una calotta emisferica ed e’ celata all’esterno dalle falde del tetto soprastante. Da’ un’impressione di eleganza e di leggerezza. Un altro finestrone si apre in alto, dietro l’altare. L’altare principale in marmo è un pregevole lavoro artistico, sobrio ed elegante, dello scultore G. Pellicciotta (1836 – 1873) su cui spicca un dipinto del 1945 che raffigura “L’incredulità di San Tommaso”. Lateralmente vi sono posti due dipinti raffiguranti rispettivamente Santa Lucia e San Sebastiano che sono datati “1949”. Il tabernacolo riproduce un tempio classico con due colonne corinzie. Sul lato sinistro della navata, entrando, ci sono gli altari di san Nicola di Bari, san Rocco, e dell’Immacolata. La statua del patrono san Filippo è custodita all’ingresso della chiesa, dove un tempo si trovava il fonte battesimale. Nella cappella laterale è posta la bara di Gesù morto, lavoro artigianale di gran pregio artistico.

Un’acqua santiera, che si trovava all’ingresso della navata, anch’essa di marmo ed anch’essa opera di G. Pellicciotta è scomparsa in  questi ultimi anni.

 Il CASONE (attuale Municipio)

  

Palazzo Filippini (Casone) 28 – 10 – 1940

 E’ una costruzione, severa e massiccia, di pietra viva, la prima che abbia posto le fondamenta sulla collina di Perano.  Lo chiamano anche il “Palazzo” per le sue dimensioni e per ricordare la nobiltà di chi l’ha costruito, cioè la “Congregazione dell’Oratorio di S. Filippo Neri di Roma”, baronessa del feudo di Perano. Non si conosce con precisione l’anno della sua costruzione, ma certamente esisteva alla fine del ‘600, se viene ricordato che fu costruito per richiamare i coloni a coltivare la terra (Caballini, loco citato, 1735).

Sino a qualche anno fa erano nettamente distinte le tre parti classiche: il rustico, l’abitazione, le scale.

Il rustico comprendeva quattro stanze terranee, aventi ognuna l’ingresso per conto proprio sui lati sud-occidentale e nord-orientale; il primo piano era suddiviso in un ambiente cucina con ampio camino e quattro stanze che si aprivano sui due lati della cucina. L’ambiente era privo di soffitta ma era coperto direttamente dal tetto; le altre stanze invece avevano soffitti in mattone a cielo di carrozza.

Le scale erano consone all’edificio: ampie, comode, larghe, parte coperte e parte scoperte. Non erano rettilinee ma si svolgevano a spirale nell’angolo meridionale: i primi tre gradini di pietra si sviluppavano sul muro laterale dell’edificio.

Negli ultimi anni ha subito profonde trasformazioni per adattarla a Municipio e della vecchia  struttura sono restati solo i  muri esterni.

Oggi è diventato il Palazzo del Comune.

Il piano terreno (più propriamente si chiama “piano è rialzato” perché, rispetto al livello stradale, è sopraelevato di qualche gradino) è stato adibito ai vari uffici: Anagrafe – Stato Civile, Protocollo, Polizia Municipale.  All’ingresso sulla parete sinistra è posta una tela che Luigi Baldacci ha donato alla città di Perano. Essa rappresenta il popolo frentano e le sue origini di cui Perano fa parte.

Il primo piano è stato destinato agli uffici amministrativi, all’ufficio segreteria, all’ufficio tecnico e alla stanza del Sindaco.

La sopraelevazione del tetto ha consentito la realizzazione della stanza del Consiglio.

La facciata esterna ha subito profonde trasformazioni.

Sul lato che fiancheggia la strada principale l’edificio ha subito un notevole taglio con conseguente ridimensionamento della facciata; la porta posta a lato del portone principale è stata trasformata in finestra, in simmetria con l’altra posta sull’altro lato del portone e, comunque, trasformata rispetto alla finestra originaria.

L’ingresso è evidenziato da un portale inquadrato da due piedritti a bugne in laterizio ed un arco a sesto ribassato su cui poggia una trabeazione; su questo è stato realizzato uno “pseudo frontone” spezzato al cui centro è posta l’intestazione del Palazzo Comunale.

Una fascia marcapiano sporgente divide il piano rialzato dal primo piano.

Al primo piano la piccola finestra rettangolare (conclusa ad arco) dell’edificio originario  è stata trasformata in una finestra ovale, mentre è stato conservato il disegno del loggiato a sei arcate. Un alto cornicione aggettante che  poggia sulla muratura perimetrale dell’ultimo piano e ripara la muratura sottostante conclude i primi due livelli. Il terzo piano (sopraelevato in difformità con la struttura originaria) presenta in facciata tre finestre, di cui una più piccola, sono concluse nella parte superiore con archi ribassati.

L’edificio è ricoperto da un tetto a padiglione.

 

Il Comune oggi

CASA PUGLIESE

 L’edificio si sviluppa fra due strade a quote differenti: via Duca degli Abruzzi e vico Duca degli Abruzzi. Ha un fronte lungo circa40 metrie profondo circa12 metrii cui muri portanti sono state costruiti secondo la tecnica del muro a sacco, costituito da due muri paralleli tra i quali è stato posizionato un agglomerato disomogeneo di pietre e altri materiali duri rinforzati da legante.

La cortina muraria relativa alla facciata principale denuncia una trasformazione architettonica, avvenuta nel tempo, dettata dalle esigenze dei proprietari.

Il trattamento della superficie e gli elementi architettonici nella loro semplicità riprendono la tradizione del cotto faccia vista: portali, piattabande, marcapiani, lesene, cornicioni, mostre sono gli elementi il cui materiale nella sua colorazione spezza ed interrompe il grigio cromatismo della muratura in pietra.

Dal punto di vista tipologico e distributivo l’edificio presenta un’insolita soluzione a tre ingressi con l’utilizzo della differenza di quota tra le due strade. A livello di via Duca degli Abruzzi, si erge la facciata principale; gli ingressi immettono nei corpi scala attraverso i quali si giunge al piano nobile.

 

Casa Pugliese – prospetto est

Procedendo ad una lettura dell’edificio dalla parte sud, l’androne di ingresso è costituito da un portone in legno contornato da un arco a tutto sesto di mattoni disposti a libro, poggiante su piedritti anch’essi in mattoni. Il portone immette in un ambiente che conserva ancora l’antica pavimentazione realizzata in ciottoli di fiume intramezzati da mattoni disposti a spina pesce. L’ambiente e’ coperto da quattro volte a vela in mattoni e separate da archi trasversali pure in mattoni impostati su piccole mensole lungo le pareti laterali. Sui due lati si aprono le cantine coperte a crociera con mattoni disposti in foglio l’una, a libro l’altra, che ricevono la luce da finestre che si affacciano sulla strada principale; la pavimentazione di questi ambienti e’ tuttora quella originaria di terra battuta, quella della vecchia stalla.

Casa Pugliese – prospetto ovest

 

l’antica pavimentazione realizzata in ciottoli di fiume intramezzati da mattoni disposti a spina pesce.

Il collegamento verticale, la scala, e’ caratterizzata da pilastri in mattoni, forniti di abaco ed echino su cui si impostano gli archi trasversali delle volte. I gradini sono in pietra, modanati, sono sostenuti da una volta a botte rampante.

Il collegamento verticale, la scala, e’ caratterizzata da pilastri in mattoni, forniti di abaco ed echino su cui si impostano gli archi trasversali delle volte. I gradini sono in pietra, modanati, e si presentano notevolmente consumati, sono sostenuti da una volta a botte rampante, lesionata in più parti.

Al primo piano è posta la cucina con gli elementi tipici: un consistente camino in pietra la vecchia fornacella a carbone. La pavimentazione in pietra e’ quella originaria. Le finestre, protette all’esterno da grate in ferro, sono in legno consunto.

Dalla cucina e dal pianerottolo si può accedere all’ambiente più spazioso del piano, coperto da volta a padiglione, ribassata e fornita di due finestre che si aprono sulla strada principale. Anche in questo ambiente la pavimentazione e’ in pietra.

Le tre finestre rettangolari sono caratterizzate in facciata da una cornice di mattoni in cotto giallastro e, nella parte inferiore, da una soglia in pietra modanata. Si nota in questi elementi una ricercatezza formale che esprime la volontà di dare un aspetto più decoroso all’edificio.

 Gli ultimi due ambienti di questo piano, a cui si accede dal lato destro del pianerottolo, sono posti ad una quota più alta, il cui dislivello, superato con due gradini, ha fatto pensare ad un successivo ampliamento dell’edificio. Anche qui si trovano volte a padiglione ribassate decorate da elementi floreali, con lunetta nell’ambiente che si affaccia sulla strada principale.

salone che affaccia su Via Duca degli Abruzzi – Volta a padiglione e decori floreali

Al secondo piano gli ambienti sono voltati a padiglione e i pavimenti sono in cotto. Le cornici che inquadrano le porte sono in mattoni gialli e rossi, la parte superiore ripete lo stesso disegno delle finestre. I balconi sono in ferro battuto lavorato a mano e poggiano sulla fascia marcapiano.

Il manto di copertura è in coppi.

 La parte centrale dell’edificio presenta sulla facciata principale di Via Duca degli Abruzzi due ingressi; uno immette nella vecchia cantina: e’ in legno ed e’ in disuso. L’altro costituisce l’ingresso principale: e’ in legno, contornato da un arco a tutto sesto di mattoni disposti a libro, poggiante su piedritti anch’essi in mattoni, (realizzato dall’artigiano Ermete Pellicciotta). La cantina di questa parte di fabbricato è simile a quella dell’abitazione già descritta, ed è posta allo stesso livello. In tempo bellico, durante i bombardamenti, vi si rifugiavano molti paesani. All’interno della cantina è visibile una macina in pietra. Anche qui e’ assente il manto di pavimentazione.

Cinque gradini consumati di pietra irregolare, conducono al locale superiore, l’anticantina, coperta con volta a vela di mattoni disposti in foglio. Da questa si può accedere al sottoscala utilizzato per conservare olio, vino ecc. e all’ingresso principale dove, le opere di rifacimento del 1934 e successivi interventi, hanno alterato la forma originaria.Da qui si diparte la rampa dell’unica scala, coperta da volta a botte rampante. I pianerottoli hanno forma quadrangolare e sono coperti da volta a vela in mattoni impostati su quattro archi trasversali, a tutto sesto. I gradini sono di pietra serena.

Al primo piano sono distribuiti il salotto con volta a padiglione e lunetta con balcone che affaccia sulla strada principale; la camera da pranzo e la cucina con soffitti piani, illuminate ognuna da una sola finestra e un corridoio che conduce al portoncino che apre sulla strada secondaria, posta ad un livello maggiore rispetto al piano della pavimentazione.

 Il secondo piano e’ adibito a camere da letto. I soffitti sono piani tranne una stanza che conserva la volta a padiglione e di cui e’ visibile la disposizione in foglio dei mattoni.

 La terza parte dell’edificio, ha un piano cantina originario: volte a crociera di mattoni disposti a foglio, il vecchio forno del pane che serviva tutta la popolazione.

 Gli ambienti del primo e del secondo piano che si affacciano ad ovest appartengono all’antico impianto. A questo si accedeva per mezzo di una scala in legno. La parte est era originariamente una stalla che il vecchio proprietario ha sostituito adattandola ad esigenze di tipo abitativo. I solai di tutti gli ambienti sono stati sostituiti nel 1957 con profilati in ferro e nel 1989 è stato rifatto anche il tetto con travetti precompresso e pignatte, lasciando intatto il manto di copertura in coppi originari.

  LE ABITAZIONI

Le abitazioni di Perano sono di due tipologie: rurali ed urbane.

ABITAZIONI RURALI

Sono quelle sparse o raggruppate in contrade della campagna e precisamente:

Il pagliaro (“ lu paiare”):

Tipica costruzione primitiva di forma cilindro-conica o rettangolare, fatta da uno scheletro di tronchi e rami d’albero e copertura con fascetti di paglia.

La parte inferiore e fino all’altezza di circa un metro e’ costruita con paletti verticali infissi al suolo e legati lungo l’altezza e all’estremità superiore da altri pali orizzontali. A questo recinto vengono fissate le estremità inferiori di pali posti obliquamente e destinati a formare lo scheletro della copertura anch’essi con paletti trasversali: nei pagliari conici questi paletti convergono in alto tutti allo stesso punto con forte pendenza; nelle forme rettangolari o quadrate vengono a fissarsi ad un palo posto orizzontalmente e perpendicolarmente. Il tutto viene rivestito con fascetti di paglia. Di qui il nome. La porticina d’ingresso è piuttosto angusta.

La funzione del “pagliaro” e’ molteplice serve per riposare, mangiare al coperto, depositare attrezzi o il raccolto del giorno.

Si trova scritto che il “pagliaro” significa “riparo per la paglia” che deve essere consumata a distanza di tempo; ma a Perano il “pagliaro” (“lu pajare”) tradizionale è quello indicato (ricovero provvisorio). Vi sono anche “pagliari” per conservare “la paglia”, ma allora la voce cambia genere e diventa femminile

“la paiare”

Vi sono a Perano anche “pagliari” che hanno la parte verticale costruita con pietre.

lu pajare

lu pajare

LA CASA

E’ una costruzione generalmente in pietra, di uno o più piani.

1) – Le case ad un piano (terranee sono sollevate dal suolo solo di pochi cm – Le più povere sono fatte di un solo ambiente con funzioni di cucina, camera da letto, deposito. In un angolo il focolare. Copertura con tegole su spioventi bassi. Nessun soffitto che isoli la camera dal tetto. Sulle pareti, e dove e’ possibile, una finestra per l’aerazione. Pavimento spesso con mattoni, non raramente in terra battuta.

casa rurale

Quando la casa terranea e’ fatta di più ambienti, uno e’ riservato a cucina-pranzo con mobilio rudimentale, un altro o gli altri, a camere da letto e depositi.

2 – La casa a più piani rappresenta la tipica casa abruzzese,

la casa rurale per eccellenza, di cui gli elementi essenziali sono quattro: il rustico, l’abitazione, le scale, gli accessori.

Il materiale utilizzato e’ la pietra; il legante un miscuglio di calce, sabbia e pozzolana. A distanza variabile il muro viene interrotto con travi di legno duro posti orizzontalmente, di una ventina di cm di lato e della lunghezza di un paio di metri. Gli intonaci all’esterno sono rari; più frequenti, invece, sono all’interno.

La copertura e’ fatta con tegole e i tetti hanno uno, due, quattro spioventi; la gronda, sovrastante a un modesto cornicione, sporge di una decina di cm. Il sostegno delle tegole e fatto con grosse travi e travicelli; le tegole sono tenute ferme con la sovrapposizione di grosse pietre.

Tra il tetto e la camera sottostante, in genere, e’ costruito un soffitto di legno sostenuto da travature. Una botola lo mette in comunicazione con la camera sottostante. Le camere dei diversi piani sono separate anch’esse da volte piatte di legno o legno e mattoni; solo nelle costruzioni più recenti è dato rinvenire l’uso delle volte a botte con mattoni.

Le case isolate sono fornite di finestre da tutti i lati;

quelle costrette fra altre costruzioni hanno la finestra solo anteriormente.

a) rustico

Il rustico e’ praticamente il pianterreno. E’ utilizzato in parte a stalla, in parte a deposito, ognuna con ingresso separato.

La stalla ha generalmente il pavimento in terra battuta e una porta d’iingresso, con un sistema di arco ribassato, più alta e più ampia del solito per dare agio al bestiame di grossa taglia di potervi passare comodamente. Su una parete c’e’ sempre una finestra di piccole dimensioni per l’aerazione dell’ ambiente.

Le pareti sono grezze. Lungo una parete e’ costruita in muratura e legno la mangiatoia dove e’ posta una rastrelliera.

In un angolo appartato una specie di stazzo fatto con paletti e fornito di mangiatoia per gli ovini; in qualche altro angolo, spazio permettendo, una lettiera per i maiali.

Adiacente alla stalla, e con ingresso separato si trova un altro locale adibito a magazzino e cantina, con pavimento generalmente ammattonato, qualche volta in terra battuta.

Dove c’è spazio si conservano i finimenti del cavallo, il basto dell’asino, le caldaie di rame per il mosto, l’attrezzatura per la vinificazione, la pompa irroratrice, la pigiatrice, le bigonce (“baunze”), tini, crivello per la setacciatura del grano, gerle (“cistine”) e tutto cio’ che e’ di uso immediato.

Molto spesso il magazzino comunica con l’abitazione con una scala a pioli attraverso una botola con coperchio ribaltabile (“cataratta”).

b) abitazione

L’abitazione vera e propria e’ composta di una cucina e della o delle camere da letto che in essa si aprono.

La cucina e’ semplice: un focolare, alto una decina di cm sul pavimento, con cappa generalmente vasta; e sul focolare gli attrezzi essenziali: molle, soffietto, paletta, spiedo, griglia, coppo. Dall’alto del camino, appeso ad una sbarra trasversale, pende la catena per il paiolo; sui lati, appesi ad appositi chiodi, un treppiedi grande per la caldaia e treppiedi piccoli per i tegami (“trappitucce”).

Qualche volta, e quando la disposizione e la natura della costruzione lo permettono, vi è un forno.

L’arredamento della cucina e’ semplice, anche se in essa si consumano i cibi quotidiani.

Lungo le pareti sono infissi nel muro dei pioli per appendervi asciugamani e qualche tovaglia, le giacche, i cappelli e un portapiatti, specie di scansia aperta con ripiani per tenervi le stoviglie. Un tavolo più o meno grande al centro della stanza, una madia, setacci, chitarre per la pasta, teglie, seggiole, panche (“previle”). In un canto, su una mensola vi e’ la conca dell’acqua,

Dalla cucina si passa alla o alle camere da letto, di cui la suppellettile principale, e spesso unica, e’ il letto, ampio alto, da richiedere un panchetto o una seggiola per salirvi. E’ fatto dì due cavalletti su. cui poggiano alcune assi di legno e sulle assi un saccone ripieno di pula (brattee del granone) e sul saccone due materassi di lana.

La camera e’ arieggiata da una finestra o balcone.

c) scale

La caratteristica più notevole della casa abruzzese e’ la scala esterna per raggiungere il primo piano. E’ appoggiata al muro della facciata o di un muro laterale; a volte e’ una rampa rettilinea che immette su uno sbalzo, dove si apre l’ingresso dell’abitazione; altre volte e’ una rampa spezzata in due parti perpendicolari collegate da un pianerottolo quadrato della stessa larghezza delle scale. Il lato non appoggiato al muro e’ protetto da un parapetto in muratura; in genere lo stesso parapetto si prolunga sullo sbalzo.

Lo sbalzo (“sbajette”) poggia su un arco di pietra a tutto sesto o a sesto ribassato, al di sotto del quale si apre la porta del ripostiglio. Sotto la rampa si ricava o un forno o un pollaio. All’inizio della scala e’ costruito un acciottolato ed e’ posta una pietra a taglio ottuso per pulirsi le calzature (carpe, cioce) dal fango. Il materiale usato nella costruzione delle scale e’ la pietra.

Lo sbalzo (“sbajette”) poggia su un arco di pietra a tutto sesto o a sesto ribassato, al di sotto del quale si apre la porta del ripostiglio

    

Accessori:

– Aia: ampio spazio di terra battuta dinanzi o di fianco alla casa.

E’ il polmone della casa rurale. Su di essa si svolgono tutti quei lavori che si possono o si devono svolgere all‘aperto. Una volta vi si batteva il grano per scomporre le sue spighe con un bastone o mediante il pestaggio con gli zoccoli dei cavalli costretti. a girare in tondo e poi si ventilava per liberare i chicchi dalle reste, dalle squame e da ogni impurità volatile mediante forconi; e poi si conciava (stacciava al crivello) nelle notti lunari del primo autunno o al lume delle lampade delle lanterne, si spulava il granturco con l’aiuto di calami a schegge e si sgranavano le pannocchie e si spandevano al sole le brattee e i tutoli Era un motivo di riunione per le famiglie che si scambiavano il lavoro a vicenda e dei giovani per conoscersi.

– tettoia

Costruzione rudimentale, indipendente o appoggiata a un muro della casa, fatta di pali legati fra di loro, verticali ed infissi al suolo e orizzontali per fissare quelli verticali. La copertura e’ fatta di fascetti di paglia o lamiera ondulata o tegole.

Serviva da ricovero all’aratro, al carro e a tutti gli attrezzi d’uso corrente.

– Costruzione rudimentale. Nella forma più semplice è un pagliaro vero e proprio, in genere rettangolare, e serve da deposito, perché fornito di pareti ugualmente di paglia o in muratura, e da riparo durante la stagione invernale per eseguire lavori sedentari (canestri, cesti, sgabelli). Qualche volta la baracca è tutta di legno.

baracca in legno

– pollaio

Modesta costruzione in muratura di qualche metro di lato, quadrata o rettangolare, con una bassa porticina.

– porcile

Piccola stalletta in tegole e spiovente di tegole. Grandezza sufficiente per permettere una facile pulizia.

– pozzo

Scavo verticale del suolo, generalmente circolare, con diametro intorno al metro e mezzo, sino a raggiungere una falda idrica a dieci, venti metri di profondità. Le pareti sono rivestite di pietra. In superficie lo scavo è protetto da un parapetto di pietra.

Solo nel 1910 un’ordinanza del Comune rese d’obbligo il rivestimento dei pozzi con materiale impermeabile.

– abbeveratoio

ampia vasca in muratura, rettangolare o quadrata, scoperta, con ghiaia al fondo, per abbeverare i quadrupedi.

– Lavatoio

Costruzione in pietra dove, un tempo, le donne usavano lavare la biancheria.

– Letamaio o concimaia

Ampio fosso in luogo appartato, non molto profondo, dove si getta ed accumula il letame. Anche i letamai sono stati disciplinati con ordinanza comunale del 1910.

– Fienile

Sorge sul bordo dell’aia. Il fieno, quando non si dispone di un ambiente riparato, viene ammucchiato e protetto con paglia sia in alto che lateralmente.

– Focone.

Costruzione quadrata con apertura circolare sulla faccia superiore, dove si cala la caldaia, e fornello sottostante. Una specie di piccola fornace aperta in alto che serve per bollire il mosto prima di immetterlo nelle botti per la fermentazione.

B) ABITAZIONI URBANE

Sono le abitazioni del paese e non differiscono molto da quelle rurali, salvo che non siano di lusso o che abbiano un certo valore artistico.

Sono le seguenti.

– case ad un piano (pianterreno), di un solo vano, dove si svolge tutta la vita familiare cucina, letto, ripostiglio.

Qualche volta e’ solo una stalla. (Foto n°17, n°18)

– casa ad un piano (pianterreno), a più vani con suddivisione: stalla, abitazione, ripostiglio.

Molte di queste case sono abitate da artigiani, dove, al posto della stalla, il vano e’ utilizzato a bottega artigianale.

Quasi tutte queste case hanno, lungo il declivio della collina, in proseguimento della casa, un piccolo orto.

– case con un primo piano, simili a quelle rurali, con scale esterne e prive di accessori. In tali case il piano terreno e’ utilizzato a bottega di lavoro (falegnameria, sartoria, calzoleria, negozi e simili). Al piano superiore la cucina e il letto. I soffitti sono in travature lignee con pavimenti anche di legno.

Quando esiste anche un secondo piano, la camera di mezzo e’ adibita a cucina, quella superiore a camera da letto. L’accesso dal primo al secondo piano (eventualmente al terzo) avviene tramite una scala di legno a pioli o con pedata comoda, attraverso una botola chiusa con sportello ribaltabile (cataratta). Per raggiungere il primo piano si costruisce una scala esterna che1 in genere, ha tutte le caratteristiche di quelle rurali, salvo che si svolge in spazi generalmente angusti e condizionati.

Perano è un paese eminentemente rurale: la sua popolazione è composta di contadini e artigiani.

Per intendere il modo di costruire, occorre tener presente che Perano è sorto come paese rurale e il suo sviluppo sulla collina fu una necessità di natura sanitaria. Non a caso i PP. FF. vi costruirono la prima casa, “il casone”, proprio sulla parte più alta del Feudo e non a caso le prime costruzioni abitative sorsero attorno al “casone”.

La pianura che rappresentava la maggior parte del Feudo, era infestata dalla malaria; la malaria decimava i coloni e le loro famiglie. Scrive Caballini, nella prima metà del ‘700: “I poveri vassalli di questo Feudo patiscono gravi infermità per l’aria cattiva”. Aggiunge che erano “risolute di abbandonare il Feudo per non perdere la vita”.

Vi sono riferimenti precisi in parecchie fonti.

In una vertenza del 1732 (Feodo di Perano e Bomba — contra don Tomaso Altimari, marchese di Bomba e barone della terra di Archi per la proibizione della semina del riso>, e’ detto testualmente : “…L’illustre Marchese di Bomba, Barone delle terre d’Archi, nel 1728 contro le disposizioni delle leggi di questo Regno faceva seminare li risi nelle terreni della terra d’Archi in luoghi poco distanti dal territorio del feudo di Perano; di modo tale che era evidente l’infezione dell’aria nella stagione di detta semina de’ risi in notabile pregiudizio della salute dei poveri pastori, che pascolavano nelle praterie e delli contadini che coltivavano i terreni del feudo di Perano, ma non contento, il detto illustre Marchese, d’infettare con la semina de’ risi, avea anche con la forma dell’acqua del fiume inondato detto feudo di Perano in grandissimo danno et interesse della Veneranda Congregazione anche per lo danno causato da detta copiosa inondazione…”; e più oltre si parla di disciplinare l’acqua in base ad un precedente Decreto: “Il detto olim Signor Presidente trasferito super faciem loci et servatis servandibus nelli 22 Luglio di detto anno (1728) interpose Decreto con il quale ordino’ che il detto illustre Marchese dovesse scavare la forma , seu acquedotto de’ risi sino a palmi quattro, accio’ per l’avvenire l’acqua del fiume Sangro non inondasse piu’ detto feudo…”

Nel 1748 vi fu altra causa con il barone di Archi per inottemperanza alla sentenza del 1728. Infine nel 1823 il Decurionato di Perano chiese ufficialmente che venisse eliminata la coltivazione del riso nella pianura di Piazzano, perché, “da quando” si e’ introdotta tal semina, la morte non ha risparmiato di troncare lo stame della vita a persone di ogni età”. Nella pianura scorrevano numerosi ruscelli e torrenti che prima di scaricarsi nel Sangro, ristagnavano dappertutto, creando acquitrini che poi hanno dato il nome a diverse località (“Pantani”, “Laguni”); in tali acquitrini le anofeli trovavano ottime condizioni di vita. Sino alla prima metà del ‘900 le acque ristagnavano abbondanti, rendendo difficile il percorso e, nella stagione invernale, quasi impossibile.

Ora i coloni, che per forza di cose dovevano lavorare in pianure e tornare a sera in collina, non potevano che trasportarvi anche tutti i loro bisogni e tutte le loro esigenze, compresa la casa.

Sta’ qui il motivo dell’esistenza della “casa rurale” nel paese.

Ma con il tempo si trasferirono fra quei coloni diversi artigiani che misero a loro disposizione diversi mestieri. E nacque il paese.

Naturalmente con il tempo taluni di questi coloni divennero proprietari e una parte di essi cominciò a vivere di rendite e a dare una diversa educazione ai propri figli. Crebbero le esigenze sociali crebbe il benessere, si costituì una classe medio-borghese.

E la casa divenne il primo oggetto di esibizionismo sociale.

Tutta una gradualità concatenata.

Sino a non molti anni fa non esisteva a Perano una classe schiettamente borghese di professionisti residente sul luogo né una classe schiettamente aristocratica che gareggiasse in ricercatezze ed esibizionismo con altre consimili: i primi, perché con una preparazione dottorale, a Perano, non avrebbero avuto nulla da fare e quindi emigravano in centri capaci di offrire migliori condizioni dì vita, i secondi, perché, dato il carattere agricolo della zona, questo contrastava con le loro esigenze di nobiltà, per persuaderli a rintanarsi in un mondo di gente che doveva lavorare sodo per vivere decentemente.

Numerose erano le famiglie che avevano dato origine a professionisti e che, per decoro proprio e dei figli, avevano migliorato le loro condizioni di vita.

Con la scomparsa della malaria il territorio di Perano si arricchì di case sparse e di borgate autosufficienti.

L’abitazione cominciò ad acquistare diversa fisionomia.

E’ mio parere che da un punto di vista generale tutte le abitazioni di Perano possono essere divise in:

– case terranee di uno o più ambienti

– case ad uno o più piani. Conviene considerarle partitamente

1- CASE TERRANEE

Sono case sollevate dal suolo di solo pochi cm. Le più povere sono fatte di un solo ambiente con funzioni di cucina e camera da letto e deposito; ma se la casa ospita un artigiano, la camera e’ usata anche come bottega. In un angolo il focolare. Copertura con tegole su spioventi bassi. Nessun soffitto che isoli la camera dal tetto. Sulle pareti, e dove e’ possibile, una finestra per l’aerazione. Pavimento spesso con mattoni; solo raramente in terra battuta.

Quando invece è fatta di più ambienti allora una camera e’ riservata a cucina-pranzo o bottega e un’altra a camera da letto-deposito.

2- CASE A PIU’ PIANI

Non sono dissimili da quelle rurali, anche se mancano di un po’ di terreno che le circondi. E’ la tipica casa abruzzese un rustico (pianterreno), l’abitazione (piani superiori), gli accessori (generalmente staccati dalla casa), scale esterne per raggiungere l’abitazione vera e propria; ma dal primo piano a quelli superiori è ancora in uso la scala di legno a pioli che immette nella “cataratta”.

Nelle case più ricercate compaiono i soffitti in mattoni.

Nel paese per ragioni di spazio, le case sono addossate le une alle altre e le stalle sono piuttosto rare. Tra le facciate esiste generalmente una via non più larga di quanto richiede il passaggio di un quadrupede carico. A tratti questo spazio si allarga in una piazzetta.

Il disordine costruttivo ripete le sue origini da una parte alla mancanza dell’opera di architetti e dall’altra alla mancanza di un piano regolatore.

Ognuno costruisce dove può e come può; e l’esecuzione dell’opera e’ affidata al genio pratico del muratore che, per la verità, non brillava eccessivamente di iniziativa. L’arte si trasmetteva da mastro a discepolo ed era sempre quella.

TECNICA DELLE COSTRUZIONI A PERANO

Le case hanno una struttura massiccia e di materiali pesanti: pietra e laterizi. La pietra è un materiale generalmente reperito nelle strette vicinanze, lungo il fiume o in modeste cave.

In Abruzzo è possibile distinguere due tipi di terreni calcarei attribuibili al cretaceo e al miocene. La differenza e’ paleontologica; ambedue a si presentano con una composizione granulare e un colore grigiastro. Il calcare miocenico e’ più largamente usato perché si trova spesso in posizioni relativamente basse e quindi più comode per il trasporto sul posto della costruzione e perché nella sua parte superiore si sviluppa una speciale formazione di colore bianco-giallastro e di consistenza piuttosto tenera, chiamata pietra gentile e di facile estrazione e di facile lavorazione (quasi tutti i portali e le cornici delle finestre sono realizzate con questo materiale); oltretutto permette una facile presa con la calce. Il calcare cretaceo, invece affiora di solito a quote più alte e per questo e’ meno utilizzato. La pietra viene usata nella costruzione soprattutto per formare l’involucro murario. Il sistema più largamente usato e’ quello della muratura a sacco, più raramente il muro compatto a tessitura omogenea. Nella muratura a sacco vengono impostate due pareti in pietra con una intercapedine che va poi riempita di materiali vari: ciottoli, frantumi di pietra e di mattone (ciò che i muratori del luogo chiamano “ossi di pulce”). La parete esterna e’ raramente intonacata mentre quella interna presenta quasi sempre un intonaco di calce e sabbia. Le dimensioni della pietra usata per la facciata esterna sono piccole e irregolari, invece la pietra di dimensioni maggiori e più levigata viene usata nei punti critici, come gli angoli in genere, ma soprattutto negli stipiti, negli architravi e nelle soglie.

La funzione statica della costruzione si basa sul sistema trilitico, in montagna o sul litorale nei centri urbani o sparsi nella campagna ed e’ sempre affidata per le strutture verticali a muri portanti di dimensioni notevoli (60/80 cm) situati a distanze ridotte (4/5 m), il solaio a travi di legno per le strutture orizzontali.

Alla dimensione delle muratura è, nella maggioranza dei casi, affidata la difesa dal freddo, data l’esiguità’ delle fonti produttrici di calore e la scarsezza dei mezzi di difesa dal freddo. Di conseguenza assume un importanza fondamentale la scelta della posizione per la costruzione dell’abitazione: siti ricavati dai venti freddi e orientamento a sud o a sud ovest della parete più ampia e di quella che accoglie l’ingresso.

Anche l’apertura delle finestre avviene prevalentemente nelle pareti più calde mentre nelle pareti fredde (a nord) mancano del tutto o, se sono indispensabili, hanno dimensioni minori. La copertura dell’edificio e’ fatta con tegole e i tetti hanno uno, due, quattro spioventi; la gronda, quasi sempre posta su un modesto cornicione, sporge di una decina di cm Il sostegno delle tegole e’ realizzato con grosse travi e travicelli; le tegole sono tenute ferme con la sovrapposizione di grosse e pesanti pietre.

Tra il tetto e la camera sottostante, in genere, è ‘costruito un soffitto di legno sostenuto da travature. Una botola lo mette in comunicazione con la camera sottostante. Le camere dei diversi piani sono separate anch’esse da volte piatte di legno o legno e mattoni; solo nelle costruzioni più recenti è dato rinvenire l’uso di volte a botte con mattoni.

L’abitazione presenta delle aperture caratterizzate sulla facciata da architravi o archi. In questi elementi e’ ancora la pietra, usata in dimensioni, lavorazione o colore diversi rispetto al resto della muratura, che gioca l’unico ruolo di distinzione, fantasia e caratterizzazione nello schema di tutta la costruzione. La scarsa resistenza della pietra a trazione e quindi anche a flessione, pone spesso il problema di evitare che il peso della muratura sovrastante, se l’architrave ha una luce notevole, gravi direttamente su questo; sono usati allora accorgimenti come archi di scarico o artifici ancora più semplici, come elementi a triangolo, per deviare i carichi molto pesanti.

Più spesso nelle aperture di dimensioni maggiori, come i portoni d’ingresso, vengono usati direttamente gli archi, a tutto sesto o a sesto ribassato, difficilmente in morfologie diverse.

Le costruzioni fatte con l’uso dell’argilla risalgono a tempi remoti. Anche in Abruzzo il sistema costruttivo in laterizio e’ molto usato e adoperato in maniera analoga alla pietra, sia per le strutture verticali, le murature, che per le strutture orizzontali.

Il mattone e’ largamente usato soprattutto per realizzare strutture ad arco e a volta: volte a botte e a crociera che si ritrovano nei seminterrati e terranei, mentre per i piani superiori e’ frequente la forma a padiglione ribassato quando non e’ usato il semplice solaio a travi di legno.

Per le aperture e’ più frequente la morfologia dell’arco a tutto sesto o a sesto ribassato.

L’uso della piattabanda e’ invece quasi indiscusso per le finestre.

L’uso della muratura compatta tutta in mattoni da due a cinque teste si alterna ancora una volta al sistema a sacco con due pareti, interna ed esterna, eseguita con una doppia fila di mattoni ciascuna e una intercapedine riempita con materiale di recupero.

Le dimensioni delle murature in mattoni hanno uno spessore minore di quelle in pietra, perché la maggior regolarità degli elementi consente una più forte coesione degli stessi determinando una maggiore capacità’ portante. In questi casi e’ necessario l’uso dell’intonaco a protezione della muratura per la facile presa dell’argilla, anche se cotta, con l’umidità’ e per il rischio di erosione degli elementi più teneri.

Per la copertura l’uso dei coppi e’ il più diffuso su tutto il territorio.

Il mattone si presta poi ad essere utilizzato per caratterizzare fantasiosamente diversi elementi della costruzione per esempio i cornicioni e gli elementi di gronda. Ciò invece non e’ possibile nella casa in pietra se non per i più abbienti, dato l’alto costo dell’operazione.

Tratto dalla tesi di laurea in Restauro Architettonico – “Perano: aspetti delle strutture murarie negli edifici di abitazione” – Laureanda Maria Gemma Pellicciotta – Relatore: Professore Architetto Mauro Civita